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Gli atleti che hanno cambiato le regole

  • Alberto Chiumento
  • 25 mag 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

(Questo articolo è stato pubblicato da Sportellate.it in data 25 maggio 2020)

La pandemia ci ha insegnato a modificare le nostre abitudini, e tra queste vi è anche il modo in cui facevamo e seguivamo lo sport. In vista della ripartenza sportiva può essere utile indagare su altri momenti in cui le regole sono state cambiate in modo netto. A tal proposito, vi siete mai chiesti quali atleti sono stati talmente dominanti da costringere i dirigenti a modificare i regolamenti per contenere il loro strapotere?


Tutti noi almeno una volta nella nostra vita abbiamo sentito la frase “dai, cambiamo le squadre. Così sono troppo squilibrate!”. Eppure questo tipo di affermazione non è tipica soltanto di una situazione tra amici. Molti dirigenti sportivi si sono ritrovati davanti alla necessità, più o meno reale, di dover cambiare le regole del gioco. Spesso infatti, l’unico modo per arginare l’abilità di un atleta è stato quello di modificare o inserire nuove norme.


Il basket 

La pallacanestro americana è forse lo sport in cui più frequentemente la superiorità di un singolo atleta era tale da imporre una modifica al regolamento. Ciò è sicuramente un fatto singolare e, probabilmente, è dovuto al numero ristretto di giocatori che ciascuna squadra può schierare contemporaneamente.


La prima norma “ad personam” risale al 1936. All’epoca il basket era agli albori ma la fisicità sotto canestro di Leroy Edward era già tale da spingere i dirigenti ad intervenire per equilibrare il gioco. Per evitare che un attaccante, con o senza palla, occupasse in modo statico l’area pitturata avversaria venne inventata la regola dei 3 secondi offensivi. Questa, cercando di semplificare, impedisce che un attaccante occupi per più di tre secondi consecutivi l’area avversaria.


Andiamo avanti. La particolare altezza (circa 2,08 metri) permetteva a George Mikan, già al college, di intercettare un pallone nella fase discendente della parabola. Anche Bob Kurland era solito fare lo stesso gesto e così la NCAA decise di vietare la possibilità di stoppare la palla nella fase finale della traiettoria, detta in gergo goaltending.


Ma il cestista che tra tutti ha causato il maggior numero di modifiche è certamente Wilt Chamberlain. In questo senso marcarlo è stato difficile tanto per le difese avversarie quanto per i dirigenti NBA. Questi ultimi si ritrovarono più volte costretti a cambiare le regole. Durante la sua carriera infatti si incominciò a sanzionare l’offensive goaltending e a vietare di rimettere, in fase offensiva, la palla sopra al tabellone. Questa sorta di alley-oop, infatti, rendeva troppo facile per Chamberlain afferrare il pallone e schiacciare.


Venne anche vietato di sorpassare la riga del tiro libero durante questa stessa azione. Infatti Chamberlain era in grado di appoggiare la palla al canestro partendo direttamente dalla linea di tiro libero. Infine, per cercare di tenere “libera l’area” da uomini forti fisicamente l’NBA decise di allargare una seconda volta la linea del tiro libero. Sì, una seconda volta. Perchè se Chamberlain obbligò ad allungare la linea da 12 a 16 piedi (circa 4,9 metri), questa era già stata espansa nel 1951 da 6 piedi a 12 per via del già citato George Mikan.




Quando Kareem Abdul-Jabbar frequenteva il college a UCLA si chiamava ancora Lewis Alcindor (non si era ancora convertito all’Islam). Ciò nonostante la sua potenza gli permetteva già di schiacciare con facilità, creandosi un vantaggio sugli avversari. I dirigenti della NCAA però, ritenevano scorretto questa sua superiorità atletica e decisero di vietare la schiacciata. L’inconsistenza della norma venne presto riconosciuta poichè dopo soli 8 anni (1967-1975) questa regola venne rimossa.


Infine, impossibile non pensare a Shaquille O’Neil quando si parla di dominio fisico. Il suo fu tale da spingere la NBA a permettere la zona difensiva in area, mentre prima ogni accoppiamento doveva essere man-to-man. Anche il celebre “Hack-a-Shaq” ha portato diversi problemi alla lega, ma ancora non abbastanza da essere vietato. Dove la NBA dovette invece assolutamente intervenire causa Shaq fu con riguardo al problema ferri: essendo troppi i canestri che aveva sbriciolato, la Lega decise di fornirsi infatti di canestri più solidi. Evidentemente quelli che avevano scelto nel 1980, con l’anello non inserito nel tabellone per limitare la potenza di Darryl “Chocolate Thunder” Dawkins, non andavano più bene.


L’hockey

Martin Broduer fu uno dei portieri che ha segnato la storia della NHL. Oltre a 3 Stanley Cup e 2 ori olimpici è spesso ricordato come il miglior portiere nell’uso della stecca, il cosiddetto stick-handling. La sua abilità nell’andare dietro porta e gestire il disco permise ai suoi New Jersey Devils di giocare con una sorta di difensore aggiunto.


La NHL però riteneva che la sua abilità riducesse troppo le possibilità d’impostazione offensiva degli avversari. Per questo nel 2005 i dirigenti decisero di introdure il trapezio: un’area ristretta dietro porta che segna i confini in cui il portiere può giocare il disco con la mazza.



Il baseball

Nello sport che rappresenta il passatempo preferito dagli americani si sa che i lanciatori contano davvero molto per le sorti della propria squadra. Verso la fine degli anni ’60, però, i pitchers dominavano nettamente sui battitori. In tutta la lega i lanciatori facevano registrare statistiche formidabili ma tra loro Bob Gibson, lanciatore dei St. Luois Cardinals, era ancora un gradino superiore.


Nel 1967 Gibson ebbe una ERA bassissima di 1.12 (questa statistica in italiano è chiamata PGL, Punti Guadagnati sul Lanciatore, e indica la media punti che concede un lanciatore in 9 innings). Inoltre, per una striscia di 11 partite, dove in ognuna giocò tutti i nove gli innings, concesse solo 3 punti in totale. La MLB, davanti a una drastica riduzione delle battute, dei punti e quindi dello spettacolo non potè rimanere indifferente. Per cercare di riequilibrare il gioco, diminuì l’altezza del monte di lancio di 5 pollici, portandolo da 38 cm di altezza agli attuali 25 circa.





Il  football americano

Nonostante si giochi 11 contro 11 e quindi un singolo atleta influisca meno sulle sorti della propria squadra anche la NFL è dovuta intervenire per limitare l’impatto di alcuni giocatori. Questo in parte può essere dovuto al fatto che spesso le azioni di gioco si dividano in tanti uno-contro-uno tra attaccanti e difensori. Inoltre, la lega è sempre intervenuta per impedire determinati comportamenti difensivi.


Nel 1977, infatti, venne inserita la “Mel Blunt Rule“, dal nome di un celebre difensore dei Pittsburg Steelers che in quel periodo dominavano grazie ad una particolare difesa asfissiante. L’aggressività e la fisicità degli interventi di Bluntfu tale che vennero vietati i contatti tra ricevitore e difensore oltre le 5 yards dal punto in cui la palla viene posizionata ad inizio azione. La regola ebbe un’importante conseguenza sul gioco poichè produsse una maggiore apertura verso i lanci che, diversamente da oggi, erano molto meno frequenti.


Lo sci alpino

Il dominio che Ingemar Stenmark dimostrò durante la sua carriera ha pochi eguali nello sport. All’epoca lo sci prevedeva solo tre specialità lo slalom speciale, il gigante e la discesa libera. Stenmark, che non disputava le libere per via del poco feeling con le grandi velocità, conquistò entrambe le classifiche di speciale e di gigante per sette anni consecutivi, dal 1975 al 1981. Ma come è possibile, allora, che pur primeggiando in 2 delle 3 discipline conquistò solamente 3 Coppe del Mondo generali tra il 1976 e il 1978?


La risposta risiede nel cambiamento del sistema di assegnazione dei punti per ogni gara. La federazione Internazionale di Sci pensava che l’assoluta superiorità di Stenmark riducesse lo spettacolo.  Ai fini della classifica, infatti,  erano vane le tappe di Coppa del Mondo da febbraio in poi. Per questo Serge Lang, giornalista e una delle principali figure della federazione internazionale, convinse gli altri dirigenti a modificare il sistema dei punti. Dal 1979 in poi, infatti, sarebbero stati assegnati punti validi per la classifica generale a chi gareggiava in tutte e tre le specialità.


La reazione di Stenmark a tale modifica fu del tutto particolare. Egli riteneva che non fosse possibile allenarsi anche per una terza disciplina, la discesa libera, e continuò a focalizzarsi su gigante e speciale dove raccolse una vittoria dietro l’altra.


Non conta solo la vittoria

Se come dice Guardiola lo sport non è solo una questione di vittorie e successo, ma riguarda la capacità di modificare la cultura e il modo in cui un gruppo di sportivi lavora, allora di sicuro non potremo dimenticare questi atleti, che hanno completamente modificato le norme delle loro discipline.

La nostra speranza, però, è che arrivino altri fuoriclasse in grado di esaltare il loro sport e comportare ulteriori modifiche di queste regole.




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