Gli sport violenti non sono il problema
- Alberto Chiumento
- 9 set 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 21 set 2020
Cronaca di una società violenta che vuole vietare gli sport "violenti"

(Questo articolo è stato pubblicato su sportellate.it il 9 settembre 2020)
Solo tre mesi fa ad un talk-show su La7 Massimo Giannini, direttore de La Stampa, improvvisava una lezione di storia economica per Matteo Salvini, collegato con lo studio tv. Mentre il giornalista cercava di spiegare che gli anni ’80 italiani - che Salvini rimpiange e spera di ricreare - sono il motivo dell’Italietta attuale, nessuno più di Giannini sembrava ideologicamente distante dall'ex ministro degli interni.
Il 7 settembre con un semplice tweet, però, Giannini si è mostrato come Salvini. Uguale. Identico. Addio insegnante di storia economica di un capriccioso alunno fuori corso.
Visto quello che hanno combinato quattro ragazzi a Colleferro, Giannini chiedeva su Twitter di «bandire certe discipline “marziali” e chiudere le relative palestre?».
Giannini, commentando quindi il violento omicidio di Willy Monteiro Duarte, suggerisce di chiudere la palestre perchè i presunti assassini di Monteiro Duarte praticavano le Mixed Martial Arts, che comunicano violenza e paura. Salvini da tempo chiede la chiusura dei porti perchè arrivano gli extracomunitari, che comunicano violenza e paura. Il giornalista e il politico vogliono chiudere i luoghi della visione della violenza, perchè così si elimina la violenza. Come se le cause di un problema si eliminassero vietando la presentazione dell’effetto del problema stesso.
Per dimostrare la banalità, l’assurdità del pensiero di Giannini e Salvini bastano i pacchetti di sigarette. Dove si stampano le foto dei danni causati dal fumo, per sensibilizzare sulle conseguenze negative del tabacco.
Chi scrive questo articolo è appassionato di hockey su ghiaccio: uno sport sicuramente violento, anche se non come la MMA. Durante una partita di hockey è permesso prendere a pugni l’avversario(5 minuti di penalità e poi ancora sul ghiaccio) ma non è lecito sputare all’avversario (10 minuti di penalità). Per un osservatore esterno potrebbe apparire strano– ci si può picchiare? Un pugno è punito più di uno sputo? – ma si tratta di una violenza codificata, definita all’interno di norme comuni che vengono rispettate. L’idea è che in una scazzottata hockeystica, che inizia sempre con una richiesta esplicita da parte di un giocatore (cui si può dire no) e mai dal nulla, ci si possa proteggere. Da uno sputo, che è un gesto istantaneo, rabbioso e vile, non c’è modo invece modo di prepararsi.

E’ complicato da accettare, per come siamo abituati, ma in questi sport la violenza viene limitata da poche ma chiare regole. Inoltre, è contestualizzata perché si affrontano atleti dello stesso calibro e con la stessa professionalità: ne risulta uno scontro meno animalesco, meno brutale e consapevole. Lo stesso avviene nel rugby o nella boxe, che pur essendo sport violenti, sono considerati degli sport da gentlemen per il rispetto che si mostra all’avversario.
Un mix di paura, di odio, di cultura del branco ed eccessiva cura del proprio corpo e della propria immagine sembrano i veri motivi di questa aggressione, ma politici che alimentano l’odio e giornalisti che invocano soluzioni dozzinali non facilitano la formazione di una clima più sereno. Che sarà più semplice creare non appena si accetterà che lo sport è uno dei pochi settori in cui l’uomo, la violenza, è in grado di circoscriverla.
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