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La legge di stabilità

  • Alberto Chiumento
  • 28 ago 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Nel governo gialloverde nato tra mille difficoltà Salvini è la figura politica più esperta e scaltra. Ha impiegato poco tempo, infatti, a prevalere sui suoi colleghi di mandato. All’interno del suo partito, come sempre accade nelle destre di ogni paese, tutti sono uniti dietro al leader.

Nelle file Pentastellate non vi sono uomini politici con molta esperienza, così ci si aspettava che l’esponente più carismatico del movimento, Luigi Di Maio, tenesse testa a Matteo Salvini. Ma non è andata come gli iscritti alla Piattaforma Rousseau speravano.


Salvini, che respira politica dal 1990, governa dal primo giorno come se la campagna elettorale fosse ancora in corso, elemento che dovrebbe far pensare tutti noi, in primis Di Maio.

Proclami, urla e slogan hanno diminuito gli sbarchi e aumentato il consenso popolare verso il ministro degli interni, ma l’autunno arriva per tutti, anche per chi, come una cicala, canta, o meglio urla, incurante del freddo alle porte.


L’inverno della cicala per Salvini si chiama legge di bilancio, o legge di stabilità, la vecchia finanziaria per intenderci. Tra un paio di mesi il governo sarà chiamato a presentare in parlamento il progetto della legge di bilancio per il 2019, all’interno della quale dovrebbero essere compresi i due grandi cavalli di battaglia per l’esecutivo Lega-M5S: il reddito di cittadinanza e la flat tax.


A breve, dunque, le forze politiche dovranno mettere da parte annunci e social network e trovare un modo per attuare queste due novità, la cui incompatibilità economica sembra lampante. Se da un punto di vista analitico la flat tax presenta concrete fondamenta, senza però dimenticarne i lati negativi, il reddito di cittadinanza, nella misura in cui è stato presentato durante la campagna elettorale, appare insostenibile. Specialmente per un sistema economico come quello italiano in cui coesistono pericolosamente una crescente età media e il pesante debito pubblico.


La posta in palio per l’esecutivo è elevata: la componente capeggiata da Di Maio rischia di deludere i proprio elettori, poiché presumibilmente il tanto sbandierato reddito di cittadinanza si trasformerà in un reddito di base, ovvero un sinonimo più generoso del sussidio di disoccupazione, per via della mancanza delle coperture finanziarie.


La fazione di via Bellerio, invece, con un progetto economicamente più solido, segue il proprio esponente di punta comportarsi come un bullo, che però non spaventa l’Europa e che allora decide, personalmente, di chiedere aiuto ad un altro bullo. Victor Orbán, però, è un uomo ben più navigato e cinico di Salvini.


L’autunno alle porte si annuncia complesso e delicato per l’Italia, poiché a breve non si potrà più dare la colpa a chi sbarca clandestinamente, all’Europa dei burocrati o a investitori senza scrupoli. Fino ad ora la maggioranza si è dedicata prevalentemente ad accuse e minacce, piuttosto che impegnarsi in fatti concreti ma un banco di prova importante si avvicina: la legge di bilancio permetterà di capire se si vuole continuare con la propaganda o incominciare a governare attivamente.



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