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La solidarietà europea passa attraverso la semplificazione del MES

  • Alberto Chiumento
  • 28 mar 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 1 apr 2020


La mancanza di unità tra i Paesi membri dell’Unione Europea nell’affrontare momenti di crisi non rappresenta una novità. Proprio come durante la crisi dei debiti sovrani (2010-2011), il gruppo dei paesi del Sud Europa ora si scontra con il rigore dei paesi nordici nel decidere quali mosse attuare per affrontare le conseguenze economiche della diffusione del Coronavirus.

L’elemento che stupisce maggiormente in tale circostanza è l’attendismo mostrato dai governi di alcune nazioni del Nord Europa: temporeggiare è una caratteristica che solitamente contraddistingue le strategie del mondo politico ma di fronte ad una pandemia risulta fuori luogo.


Diverse istituzioni europee sono già intervenute in modo deciso per aiutare i paesi colpiti più gravemente da Covid-19.

Il presidente Ursola Von Der Layen ha attivato con rapidità la Commissione Europea, annunciando la sospensione del Patto di Stablità e Crescita. Anche la BCE, dopo un iniziale passo falso, ha messo in campo strumenti e risorse preziose per sostenere le economie dei Paesi membri. Il nuovo programma (PEPP) di acquisto di titoli da parte della BCE, per un valore complessivo di 750 miliardi, e la rimozione del limite del 33% per l’acquisto di bond sovrani dei singoli paesi dimostrano la determinazione dell’istituto di Francoforte nel preservare la stabilità monetaria europea.


A livello governativo, però, i vari paesi ancora faticano a trovare una soluzione condivisa da tutti. Lo scontro politico durante il Consiglio Europeo di giovedì è stato duro e l’unico accordo trovato è stato quello di darsi 14 giorni per presentare nuove proposte. Ma di fronte ad una emergenza sanitaria ed economica di questa portata due settimane per elaborare decisioni di grande importanza appaiono decisamente troppe.


I 9 paesi del Sud Europa, guidati da Francia, Italia e Spagna, spingono per l’emissione di uno strumento di debito comune, che pur essendo definito da molti esperti come la migliore soluzione possibile, presenta comunque difficoltà applicative. Non esiste, infatti, al momento attuale un veicolo pronto ad emettere un titolo di debito comune ed inoltre non esiste un’istituzione europea con il potere fiscale. Per questi motivi il progetto di un bond collettivo richiede tempo per essere strutturato e concretizzato.

Inoltre, da un punto di vista tecnico è comprensibile il rifiuto da parte dei paesi nordici di unire i debiti nazionali poiché nel prossimo futuro i conti pubblici degli stati meridionali dell’Europa sono destinati a peggiorare per via dell’emergenza.


Un modo più rapido per contrastare gli effetti della crisi economica causata dal Coronavirus è rappresentato dal ricorso alle Linee di Credito presenti nel Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). La richiesta che fanno i paesi del Sud è quella di rimuovere le forti condizioni di discrezionalità per accedere a tali prestiti ma, in questa circostanza, la resistenza dei paesi nordici appare eccessiva poiché le difficoltà attuali sono dovute ad uno shock simmetrico ed esterno, del quale nessun paese europeo può essere considerato colpevole.

Ne segue che le uniche condizioni da applicare su tali prestiti potrebbero essere quelle di richiedere trasparenza sull’uso del denaro da parte del paese riceventi e vincolare l’uso di queste somme ai soli scopi legati all’emergenza economico-sanitaria.


La soluzione più probabile per accordare tutti i governi europei sembra essere quella dell’utilizzo delle Linea di Credito, con una riduzione delle condizioni per accedere al MES dato che anche la Germania si è mostrata meno intransigente su questa possibilità rispetto a Finlandia ed Austria. Questi prestiti permetterebbero alle nazioni di affrontare con maggiori risorse l’emergenza sanitaria e fornirebbero loro più tempo per creare un solido progetto di strumento di debito comune. Così ad epidemia conclusa, l’emissione di un Coronobond avrebbe come unico obiettivo quello di rilanciare le economie nazionali, trasmettendo un messaggio di unità europea ai mercati internazionali.





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