Mario Draghi trasformato in banalità
- Alberto Chiumento
- 19 ago 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Annoiato dal discorso di Draghi al Meeting di Rimini, spengo la tv. Poco dopo apro Twitter ed è un tripudio di #Draghi. Avrò mica spento prima del gran finale, mi domando. Recupero il discorso integrale ma niente, nulla di entusiasmante.
Draghi è un uomo che parla raramente, ma quando lo fa salva una moneta usata da 340 milioni di persone. Per questo mi aspettavo che la solita attenzione istituzionale dei suoi discorsi, si alternasse con frasi che poi entrano nei libri di storia.
Riscorro il testo e trovo un richiamo ad una preghiera di Reinhold Niebuhr – adatta alla circostanza – e un “dobbiamo accettare l’inevitabilità del cambiamento con realismo”. Riflessioni interessanti, ma non certo indimenticabili.
Perplesso, torno su Twitter a cercare il motivo di tanta misteriosa eccitazione mediatica. Aiutandomi anche con Instagram, finalmente capisco che la frase vincitrice è “ai giovani però bisogna dare di più”. La perplessità aumenta. “I sussidi finiranno e se non si è fatto niente resterà la mancanza di una qualificazione professionale”. L’incredulità sostituisce la perplessità.
E’ bastato ricordare che bisogna investire sui giovani – principio supportato da qualsiasi dottrina politica ed economica – perché il discorso diventasse “un allarme” ed “una lezione”. L’intervento di Draghi era certamente atteso e di rilievo essendo il primo discorso ufficiale da quando ha lasciato la presidenza della BCE. Ma la sproporzionata esaltazione che i contenuti hanno subìto certifica il declino politico italiano. Siamo oramai talmente assuefatti da una politica composta da slogan, urla e schiamazzi, che anche una verità normale, piccola e banale, come quella detta da Draghi, diventa eclatante.
Questo, purtroppo, accade in un paese in cui si parla di giovani solo in relazione alla chiusura delle discoteche, come se un ministro non avesse fatto cadere un governo da una discoteca. Ma era solo l’anno scorso, e si sa che gli anziani hanno problemi di memoria.
E rimango incredulo perché ai giovani italiani, che in una pandemia si sono trasformati da fannulloni ad untori, l’unica soluzione proposta sono i banchi monoposti con le rotelle.

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