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Oltre Marx

  • Alberto Chiumento
  • 23 ott 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Scrivere qualcosa riguardo Marx è davvero pericoloso. E lo è per diverse ragioni: un po’ perchè si tocca un campo minato per via della complessità degli argomenti che il filosofo trattava, un po’ perché per molti la sua figura è ancora indecifrabile e misteriosa.


Non credo sia per il suo aspetto barbuto, e dunque un po’ inquietante, ma il nome di Marx spesso rappresenta un tabù.


Eppure, durante gli anni ’70, le idee di Marx erano intrinseche alla società. Le frequenti proteste operaie e annesse rivendicazioni, accompagnate da quelle studentesche, si basavano sulle teorie scritte 100 anni prima dal filosofo tedesco.

Questa parte della società incarnava nel lavoro il desiderio di affermare sé stessa, poiché attraverso una mansione, anche se manuale e ripetitiva, riusciva a definirsi un ruolo all’interno della società civile.


Per quanto assurdo possa sembrare, anche nell’ombelico del capitalismo le idee di Marx sono ben presenti. Gli uffici di ogni piazza finanziaria sudano 20 ore al giorno nel tentativo frenetico di accumulare fama e ricchezza, lasciapassare fondamentali per i dipendenti che cercano di scalare la gerarchia aziendale, all’inseguimento continuo di una affermazione personale.


Oggigiorno qualcosa è cambiato. Le idee di Marx, che hanno accompagnato la collettività per diverso tempo, non sembrano più indicare la strada maestra. Per alcuni il lavoro non appare più obbligatoriamente l’unico sentiero per il riconoscimento di sé. E’ sempre più frequente, infatti, sentire notizie di persone che, giunte ad una certa età, decidono di ritirarsi dal lavoro per “godersi i piaceri della vita”.

Non si tratta solamente di persone agiate che possono permettersi di lasciare l’attività professionale. Adesso, anche persone con una occupazione normale abbandonano il mondo del lavoro per potersi dedicare alle passioni che hanno accantonato, spesso non appena i figli sono diventati indipendenti.


E’ ovvio che tale decisione non può essere improvvisata e richiede oculatezza. Chi ne è capace fa questo perché si sente ancora in grado di poter ottenere del successo, ma non più quello finanziario. Bensì insegue la gratificazione e l’appagamento da qualcosa di piacevole che ha sempre desiderato sperimentare, ma che per una ragione o per l’altra non ha mai potuto ricercare.

Non si attendono più gli anni della pensione poiché mettersi alla prova in nuovi ambiti richiede intraprendenza, spesso più mentale che fisica, che si teme di aver perso una volta raggiunta la pensione.


Chi non può permettersi di abbandonare totalmente il lavoro abbraccia gli interessi personali in modo leggermente diverso. Raggiunta una certa età piuttosto che tentare di salire ancora di livello, essi scelgono di ridurre il ritmo di lavoro, magari accettando possibilità come il prepensionamento o l’opzione donna. Riescono così, in modo graduale, a ritagliarsi degli spazi privati accanto al compito lavorativo.


Queste persone non ricercano più solamente il successo lavorativo, ma anche quello personale. Benché si possa pensare che le due cose vadano di pari passo, non sempre è così. Il primo aspetto permette l’acquisto di elementi necessari per il nostro benessere come la casa. E magari, consente di sostenere i figli sino all’università.

Il successo personale, invece, non segue la metrica del denaro perché fa sentire ancora vivi e in grado di raggiungere obiettivi a cui molti coetanei neanche aspirano più. E ciò è quello a cui ambisce chi si ritira dal lavoro anzitempo.


Si possono legare a questo fenomeno moltissime altre cause quali un mondo del lavoro pressante o un ritmo di vita maggiormente stressante di un tempo.

Esso potrebbe apparire di marginale importanza ma oggigiorno il fine del lavoro si è modificato.

L’interpretazione che ne dava Marx, e che per lunghi anni è stata condivisa dalla maggioranza non è più così diffusa. Una porzione di lavoratori, ridotta ma crescente, non riconosce più la propria professione come fattore fondamentale della propria esistenza.

Del resto, nella vita non si può soltanto lavorare.



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