Coronavirus: la scienza ha strumenti per ripartire, l’economia no
- Alberto Chiumento
- 6 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Ad inizio gennaio l’Occidente non ha voluto accettare l’idea che il Coronavirus potesse arrivare tra noi. Non è stato sottovalutato il rischio di contagio, si credeva semplicemente che in Europa il virus non si sarebbe diffuso perché l’elevato livello di conoscenza scientifica e l’affidabilità dei vari sistemi sanitari nazionali ci hanno abituato ad una notevole tranquillità.
La parole del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, sono il simbolo di questa cieca e ingenua certezza di cui ci siamo persuasi. La sua convinzione per cui il livello di igiene personale, che rende l’Italia famosa nel mondo, ha permesso al paese di contenere i casi di contagio è il manifesto di quell’aura di superiorità che ci eravamo cuciti addosso.
Ora che ci siamo resi conto che il virus è intorno a noi non si deve commettere un secondo errore: sperare che il mondo economico, composto da accademici, banchieri e burocrati, possieda una soluzione per arginare i gravi effetti economici causati da Covid-19.
La crisi economica causata dal Coronavirus presenta una peculiarità. Essa infatti unisce uno shock dal lato dell’offerta ad uno shock dal lato della domanda, creando così una situazione inedita poiché solitamente le crisi economiche si propagano partendo da un singolo shock.
Le crisi che le nostre economie hanno vissuto in passato si configuravano come crisi di offerta (crisi petrolifera 1973) o come crisi di domanda (crisi 1929). Ci troviamo così di fronte a qualcosa di completamente nuovo che ha colpito, inoltre, un numero molto vasto di paesi.
Un crollo da parte dell’offerta indica che il settore produttivo, sia esso manifatturiero, meccanico o dei servizi, non è più in grado di offrire la stessa quantità beni al mercato. Inoltre, se vi è un oggetto richiesto da gran parte della popolazione il suo prezzo salirà alle stelle come nel caso di mascherine e gel disinfettanti.
Una crisi d’offerta su così larga scala geografica in un’economia globale è un reale semaforo rosso per la crescita economica. E’ sufficiente che un paese compreso nella global value chain si fermi per interrompere un meccanismo di approvvigionamento della merce che include moltissime nazioni. Uno stop locale è in grado di rallentare la produzione di moltissime aree del pianeta.
La riduzione dei consumi, invece, delinea una crisi dal lato della domanda. La cancellazione di ordini d’acquisto e di beni da esportare ha colpito in modo duro il settore della moda e dell’abbigliamento mentre settori come quello del turismo, della ristorazione e degli eventi risentono fortemente della limitazioni allo spostamento degli individui.
Un ulteriore elemento che blocca i consumi è l’incertezza. Una crisi economica causata dalla diffusione di un virus è qualcosa che non accadeva da più di un secolo (influenza spagnola 1918) e quindi i vari attori economici si ritrovano spiazzati. Di conseguenza questo aspetto di novità contribuisce a paralizzare i consumi di imprese e famiglie.
Inoltre affrontare questa crisi con atteggiamenti differenti a livello europeo non permette la riduzione del grado di incertezza. Paesi come la Francia, la Germania e il Regno Unito sembrano voler aspettare a prendere provvedimenti, come se davvero avessero ancora bisogno di tempo per comprendere la gravità della situazione. Con questo comportamento, però, fanno apparire eccessivamente drastiche e sproporzionate le scelte coraggiose del governo italiano.
Un coordinamento a livello continentale sarebbe quindi necessario per ridurre l’incertezza sia sanitaria sia economica.
In questa situazione di “doppia crisi congiunta” di domanda ed offerta, gli strumenti a disposizione delle banche centrali appaiono inefficaci.
Azioni di politica monetaria e fiscale agiscono solamente dal lato della domanda, lasciando inalterata l’aspetto dell’offerta, ed inoltre sembrano inefficienti da un punto di vista applicativo. Il livello di debito pubblico non permetterà a molti paesi ampie mosse espansive senza ripercussioni negative sui conti pubblici in futuro. Un taglio dei tassi d’interesse può solamente aiutare a limitare i danni, anche considerando il basso livello a cui sono attualmente.
Ci si aspetta quindi da parte del governo una serie di mosse decise per potenziare la sanità e per sostenere famiglie e imprese. Le risorse economiche stanziate dal governo dovranno essere di grande importanza per vie della quantità di settori e persone coinvolte. Eppure queste non permetteranno di arginare una crisi economica che si arresterà solo quando quella sanitaria sarà stata contenuta e superata.

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